Uno dei soggetti preferiti e ricorrenti dell’immaginario di Chagall è il violinista. Un violinista che, solitario e un po’ malinconico, suona il suo strumento sopra i tetti delle città. Il violino, per il pittore, non è solo uno strumento musicale, ma rappresenta qualcosa di più, qualcosa che si lega profondamente alla sua esistenza. Innanzitutto, si lega alla sua cultura d’appartenenza: per la tradizione ebraica, il violinista ha un ruolo importante in occasione di nascite, matrimoni e funerali. Questa immagine rappresenta bene la condizione degli ebrei di tutto il mondo: una vita instabile e precaria come quella del musicista che, suonando, cerca di restare in equilibrio in cima al tetto di una casa. Quest’immagine esprime bene però anche la storia individuale di Chagall: una vita da esule e apolide attraverso gli sconvolgimenti del Novecento, in perenne movimento per l’Europa, senza riuscire a trovare un luogo in cui fermarsi per lungo tempo.
La storia di Chagall inizia a Vitebsk, un piccolo centro nell’attuale Bielorussia, nel 1887. Nasce in una famiglia ebrea di umile condizione economica e molto numerosa, è il maggiore di nove fratelli. Il destino del giovane Marc, secondo i piani dei genitori, era quello di lavorare nel negozio di aringhe seguendo le orme paterne. Ma la sua vocazione era un’altra, fin da bambino si appassiona all’arte, alla poesia e alla musica.
Nel 1907 va a cercare fortuna nella grande città dell’arte russa, San Pietroburgo. Qui frequenta l’Accademia Russa di Belle Arti. E’ un periodo difficile per lui: deve combattere contro la povertà e le discriminazioni. Infatti, gli ebrei possono vivere a San Pietroburgo solo con un permesso speciale e, in un occasione, Chagall viene arrestato e trascorre più di una settimana in carcere perché non aveva il salvacondotto necessario per entrare in città.
Nel 1909 inizia una nuova fase di vita per il pittore. Avviene l’incontro che cambierà per sempre la sua vita: conosce la donna che diventerà sua moglie, Bella Rosenfeld. Si incontrano per la prima volta a San Pietroburgo. Lui ha ventidue anni, lei quindici. Li presenta Thea Brachman, amica e modella dei primi nudi di Marc.
Bella, nata nel 1895 a Vitebsk come Marc, è la più giovane di sette fratelli di una agiata famiglia ebrea di orefici. Dolce, intelligente, studentessa brillante, ama l’arte e il teatro. I due si innamorano a prima vista. Lei lavora a teatro, lui non ancora famoso, è allievo di Léon Bakst, pittore russo. Chagall, che all’età di 35 anni scriverà la sua autobiografia “Mae Vie”, dirà a proposito di questo primo incontro:
“E’ come se mi conoscesse da sempre, come se sapesse tutto della mia infanzia, del mio presente, del mio avvenire; come se vegliasse su di me, mi capisse perfettamente, sebbene la veda per la prima volta. Sentii che era la mia donna.”
Mae Vie, Chagall
Le loro strade però si separano presto. Marc, grazie all’aiuto di un mecenate, cerca la sua strada e la sua affermazione a Parigi, dove può respirare l’aria della capitale della cultura e delle tendenze più all’avanguardia dell’epoca. L’impatto si dimostra duro e faticoso: fame, camicie e lenzuoli al posto delle tele, disordine nell’atelier dove lavora di notte, nudo, tra stracci e sporcizia. Ciò nonostante, Parigi permette a Chagall di conoscere i giovani artisti che segneranno l’arte del Novecento. Nella grande città sperimenta e viene influenzato dalle avanguardie artistiche: il cubismo, il fauvismo e il futurismo.
Marc decide, nel 1914, di tornare nella sua piccola cittadina di provincia, preso dalla nostalgia del paese e dell’amata Bella che sposerà nel 1915. La famiglia della sposa non è del tutto favorevole all’unione a causa del basso ceto sociale dello sposo, ma la cerimonia avviene lo stesso. L’anno successivo nasce la loro unica figlia Ida. La cittadina di Vitebsk potrebbe diventare la loro casa, ma a Marc questa realtà sta stretta.
Nel frattempo scoppia la Prima Guerra Mondiale che lo tratterrà, suo malgrado, per molti anni in Russia, fino al 1921. Qui prenderà parte attiva anche alla Rivoluzione Russa: il ministro sovietico della cultura lo nomina Commissario dell’arte per la regione di Vitebsk, dove fonda una scuola d’arte. Le questioni politiche però non interessano molto a Marc, inoltre si scontra con altri artisti all’interno della scuola da lui fondata: la sua arte non era conforme ai gusti del governo dei soviet. Rimane profondamente deluso da questa esperienza e l’insoddisfazione lo spinge a spostarsi di nuovo e a lasciare definitivamente la Russia.
Si stabilisce a Parigi con la moglie, ma anche questa casa non dura a lungo. L’ascesa del nazismo e lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale lo costringe a cercare rifugio altrove, negli Stati Uniti. Sbarca in America il 22 giugno del 1941, giorno dell’invasione nazista della Russia.
Gli sconvolgimenti dell’Europa del Novecento hanno reso la vita di Chagall profondamente instabile, destino comune a tutto il mondo ebraico. Ma anche l’irrequietezza dell’artista ha avuto un ruolo nei suoi continui spostamenti: la sensazione di non essere mai a casa, di sentirsi fuori posto e mai completamente a proprio agio. In buona parte della vita di Chagall c’è però un filo conduttore che ha reso salda la sua identità: la connessione profonda tra due anime, nella vita come nell’arte, è stato il tema centrale della sua storia.
La forte unione tra Belle e Marc, costituita da serenità e comunione di intenti, ha superato vari eventi: la Rivoluzione d’Ottobre del ’17, la Grande Guerra, le leggi razziali, la Seconda Guerra Mondiale e i numerosi spostamenti da Vitebsk alla Germania, a Parigi, agli Stati Uniti. Purtroppo, dopo 35 anni, la loro storia finisce tragicamente a causa di un’infezione virale che uccide Bella all’età di 49 anni. Per mesi, Chagall smette di dipingere e cade in depressione:
«Poi a un tratto – scrive Marc – un rombo di tuono, le nuvole si aprirono alle sei di sera del 2 settembre 1944, quando Bella lasciò questo mondo. Tutto è divenuto tenebre».
Chagall vivrà ancora a lungo, fino a 97 anni. Avrà altre relazioni ed un altro figlio. Il ricordo di Bella però non lo abbandonerà mai, la dipingerà più volte anche dopo la morte.
Cosa ci mostra la storia di questo grande artista?
La storia di Chagall ci mostra come la vita, al di là dei nostri piani e progetti, ci possa mettere di fronte a delle situazioni fuori dal nostro controllo, imprevedibili. Le vicissitudini della sua vita lo hanno costretto a spostarsi molte volte: a fuggire da luoghi non più ospitali o ad essere costretto a rimanervi. La vita di Chagall è inquieta e senza patria, ma Marc, come ognuno di noi, cerca qualcosa che possa dare stabilità nella mutevolezza degli eventi, qualcosa che possa sorreggerci di fronte agli imprevisti e alle difficoltà. Chagall, nella sua vita da esule e da violinista girovago, ha trovata la sua stabilità nella vita sentimentale, nel legame profondo con la compagna della vita. L’amore per la moglie gli ha donato un senso di coerenza interno e gli ha permesso di trovare dentro di sé l’ispirazione. Ispirazione che ha poi trasportato nelle sue tele con l’intensità di un uomo innamorato e colmo di speranze, nonostante le difficoltà.
Chagall ci insegna che la patria, ovvero la sensazione di sentirsi a casa e in ordine con se stessi, non deve necessariamente essere un luogo fisico calato dall’esterno. Può invece essere costruito internamente come luogo mentale. Nel suo caso, lo ha potuto costruire grazie al legame affettivo profondo con un’altra persona. Legame che è diventato parte di sé, anche dopo la tragica separazione.
“Mia soltanto è la patria della mia anima. Vi posso entrare senza passaporto e mi sento a casa; essa vede la mia tristezza e la mia solitudine, ma non vi sono case: furono distrutte durante l’infanzia, i loro inquilini volano ora nell’aria in cerca di una casa, vivono nella mia anima.”
(Marc Chagall)
A cura del Dott. Luca Monasterolo
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