Se si potesse viaggiare nel tempo ed essere trasportati nella Parigi dei primi anni del ‘900, come ha immaginato Woody Allen nel suo film Midnight in Paris, potremmo assaporare in prima persona la vita bohemien che ha reso celebre questo periodo. E’ molto probabile che, passeggiando per le vie di Montmarte ed entrando in uno dei tanti locali frequentati da artisti, avremmo la fortuna di imbatterci in Modigliani che ci offre un suo disegno per pochi franchi, nel disperato tentativo di barattare la sua arte con due bicchieri di vino. Questi sono i famosi disegni da bere, come amava chiamarli lo stesso Modigliani.
Modigliani incarna alla perfezione il mito dell’artista maledetto: imprevedibile, geniale, ribelle e, soprattutto, morto giovane a causa dei suoi eccessi e della sua sfortuna. Amici e conoscenti lo chiamavano Modì, che in francese ha la stessa pronuncia di Maudit, cioè maledetto. Un destino scritto nel nome si potrebbe pensare. Questa però è solo una visione parziale, infatti Modigliani è molto di più.
Al di là dei suoi eccessi, chi era veramente Modigliani? E, soprattutto cosa ci può insegnare la sua vita?
Per poter rispondere a queste domande ci può aiutare una diversa chiave di lettura: la vita dell’artista come una rappresentazione teatrale. Leggiamo allora la storia di Modigliani come un opera teatrale fatta di atti che rappresentano fasi di vita, eventi, scelte ed incontri.
I° Atto: Prologo
La storia di Modigliani inizia a Livorno nel 1884. Ultimo figlio di una famiglia ebraica. Quando nasce, la sua famiglia sta attraversando un periodo di grave crisi economica, a causa del fallimento della società del padre. Non nasce quindi sotto una buona stella. Amedeo è un ragazzo di salute cagionevole. A 14 anni contrae il tifo e, solo due anni più tardi, la tubercolosi. Questi due eventi sfortunati creano un’ombra nell’esistenza dell’artista che lo accompagnerà sempre: povertà e salute traballante. Eventi che da soli non spiegano il percorso dell’artista, perché non sono gli eventi a determinare una vita, ma l’interpretazione che se ne trae. Avranno però un notevole peso nello sviluppo della sua storia. I problemi polmonari e la tubercolosi lo costringeranno, infatti, a lasciare la scultura, la sua vera ambizione, portandolo a dedicarsi unicamente alla pittura.
II° Atto: Svolta
Amedeo, a 22 anni, prende un’importante decisione che ne condizionerà l’intera vita. Decide di lasciare Livorno e trasferirsi a Parigi. Lascia la sua città, rassicurante ma sentita sempre più ristretta, per la capitale della cultura europea. L’ambizione e la curiosità lo portano a lasciare il conosciuto, a favore dello sconosciuto. Possiamo immaginare quanto deve essere stato difficile abbandonare la casa, la famiglia, le sicurezze per il caos e l’instabilità di una grande capitale, ma questo ci fa anche capire quanto sia importante scegliere un contesto adatto e fertile per coltivare le proprie passioni, capacità e valore personale. Una pianta non può germogliare se non c’è il giusto terreno. Modigliani ci insegna ad avere il coraggio di cambiare quando un luogo, una relazione, un lavoro non sono più soddisfacenti per noi e diventano gabbie che ci intrappolano. A Parigi, Modigliani trova i maggiori artisti dell’epoca, trova gli stimoli e il confronto continuo. Tutti aspetti che gli permetteranno di crescere, anche se con difficoltà e una buona dose di fatica. Quando, anni dopo, tornerà per brevi periodi a Livorno, non si sentirà più a casa, la distanza tra l’immutabilità della provincia italiana e i grandi cambiamenti avvenuti in lui non si possono colmare.
Chi sarebbe diventato Modigliani se fosse rimasto a Livorno? Probabilmente non sarebbe mai riuscito a sviluppare uno stile di pittura così personale ed intenso. Sicuramente non sarebbe il Modigliani che conosciamo.
III° Atto: Perdersi
Insieme agli stimoli per la crescita, a Parigi Modigliani trova anche il caos e una vita disordinata. È forse fondamentale perdersi per poter trovare un proprio posto nel mondo, un nuovo equilibrio e un proprio stile. Ma Amedeo sembra aver preso alla lettera questo insegnamento portandolo alle estreme conseguenze. I mille aneddoti che circondano il personaggio maledetto dell’artista lo vedono, di volta in volta, ubriaco, cacciato dai ristoranti e dai proprietari delle case in cui abitava, fermato e incarcerato dalla polizia per atti osceni o per rumori molesti, sempre senza soldi o, quando ne ha, generoso fino all’incoscienza. Si delinea, in questo punto della storia, la natura del suo antagonista: il peggior nemico di Modigliani sembra essere proprio se stesso. Questo può farci riflettere perché ciò che Modigliani ci mostra è proprio la tendenza a ostacolarci e sabotarci da soli a causa dei nostri conflitti interiori. Esperienza non troppo lontana dalle nostre vite, anche se in Modigliani tutto ciò è esasperato e portato a una forma di autodistruzione molto grave. L’incapacità di amare se stesso porta Modigliani a fondo, così come, in alcuni momenti, anche nelle nostre vite questa incapacità è fonte di grandi sofferenze.
Nei primi anni parigini, Modigliani incontra però anche una persona che si allea con la sua parte più sana e produttiva: il dottore e mecenate Paul Alexandre. Il giovane dottore ha una passione per l’arte e coglie in Modigliani, che ancora non ha trovato un proprio stile, delle ottime potenzialità. I due diventano amici. Alexandre è l’unico che crede in Modigliani, organizzando incontri con galleristi, trovandogli più di un alloggio, comprando dei quadri e finanziandolo finche potrà. Ogni pianta ha bisogno d’acqua per poter fiorire. Purtroppo si perderanno di vista con lo scoppio della prima guerra mondiale.
IV° Atto: Ritrovarsi (…ma non completamente)
Negli anni successivi, accadono una serie di eventi che avrebbero potuto salvare Modigliani e che sicuramente hanno cambiato l’ultima parte della sua storia.
Incontra la persona che molti definiscono l’amore della sua vita, Jeanne Hébuterne. Amore difficile, perché contrastato dalla famiglia di lei, ma autentico e fonte di ispirazione.
Modì si farà ispirare da Jeanne anche nell’arte. Infatti, una grande sfida che Modigliani deve combattere a Parigi è trovare un proprio linguaggio, uno stile unico. I movimenti delle avanguardie artistiche più in voga in quegli anni sono i Fauves guidati da Matisse e il cubismo guidato da Picasso. Modigliani è schiacciato tra questi due stili senza voler appartenere a nessuno dei due. Per questo la sua arte inizialmente non viene capita. Ma il genio del pittore sta proprio nella sua individualità: l’inaccettabilità di appartenere a qualunque corrente artistica o movimento. E’ proprio questo misto di orgoglio e ambizione che permette a Modigliani di sviluppare il proprio stile che diventa più sicuro e maturo negli ultimi anni della sua vita, dal 1915 in poi.
Finalmente trova la sua strada e, dopo anni di indifferenza, iniziano ad accorgersi di lui. Viene organizzata la sua prima e unica mostra personale che però, ironia della sorte, chiude ancora prima di aprire, poichè i nudi esposti fuori dalla galleria fanno scandalo. Nonostante ciò, la sua condizione economica, per la prima volta, migliora iniziando a vendere dei quadri.
V° Atto: Caduta
Gli ultimi anni della vita di Modigliani sono caratterizzati da eventi in apparenza positivi: la nascita della figlia Giovanna; dei timidi, ma sempre più consistenti, segnali di apprezzamento delle sue opere; una condizione economica leggermente migliorata. Nonostante ciò, la condotta dell’artista non cambia, gli eccessi sono ormai parte della sua vita. Questi eccessi sono tanto più gravi in quanto la malattia che lo ha accompagnato tutta la vita peggiora sempre di più. Morirà a soli 35 anni, nel 1920, di meningite tubercolare. Non è però stata la meningite che ha ucciso Modigliani, ma è lui che si è fatto uccidere dalla meningite. Amedeo non ha fatto nulla per prendersi cura di sé e della sua malattia. Nella lotta con se stesso, ha vinto la parte di sé che non si considerava meritevole di cure e di amore.
Jeanne Hébuterne, l’amore della sua vita, non sopporta il dolore. All’indomani della morte di Amedeo, viene portata nella casa dei suoi genitori, incinta del loro secondo figlio, si getta da una finestra al quinto piano. Verrà seppellita accanto al suo compagno.
Finisce così, tragicamente, la storia di Modigliani.
Come può ispirarci la storia di questo grande artista tormentato?
La storia di Modigliani ci insegna quanto possa essere faticoso e difficile il percorso per trovare se stessi. Ci insegna, soprattutto, quanto sia importante imparare ad amarsi in questo viaggio. Scrive Proust: “La saggezza non la si riceve, bisogna scoprirla da soli al termine di un itinerario che nessuno può compiere per noi, che nessuno può risparmiarci”. Modigliani è passato attraverso un itinerario fatto di grande gioia di vivere e di profonda malinconia allo stesso tempo, ha trovato una sua identità come artista, ma forse non come persona.
La storia della vita di Modigliani rappresenta molto bene il cammino difficile verso la propria identità, con i suoi ostacoli e le sue sofferenze. Questo cammino però può avere un lieto fine solo se accompagnato dalla capacità di prendersi cura di sé che, indubbiamente, Modigliani non aveva imparato.
Nella sua storia c’è il germoglio: il talento; c’è il terreno fertile: la Parigi di inizio ‘900; c’è l’acqua: le persone che hanno creduto in lui, non molte, ma comunque presenti; non c’è però la possibilità di inclinarsi verso il sole e godere del suo calore, ovvero la capacità di prendersi cura di sé ed accettarsi. Questo è ciò che non ha permesso a Modigliani di salvarsi.
«Lo vidi (Modigliani) danzare una volta, vicino la statua di Balzac. Così bello il suo viso, così aggraziate le sue braccia. Mentre ondeggiava, era come se sorridesse. Lui era tutto quello che io fui, una volta. E così rubai quel momento, e lo tenni rinchiuso nella mia mente perché stesse lì, a consolarmi, nei giorni della mia fine».
(Auguste Renoir)
A cura del Dott. Luca Monasterolo
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